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La Bhagavad Gita: un tesoro che trascende il tempo e lo spazio

La Bhagavad Gita: un tesoro che trascende il tempo e lo spazio

Il saggio Vyasa racconta nella sua immortale opera, il Mahabharata, di cui i settecento versi della Bhagavad Gita sono l’essenza, che cinquemila anni fa, sul sacro suolo dell’India calpestato da potenti e malvagi monarchi, scese una pioggia di nettare purificante nella forma delle immortali parole di Sri Krishna, l’Incarnazione Divina.
L’occasione fu offerta dall’imminente guerra che stava per avvenire sul Kurukshetra, vasta pianura a nord di Hastinapura (l’attuale New Delhi), chiamata anche Dharmakshetra poiché, resa sacra dalle austerità del saggio Kuru, aveva il potere di favorire la giustizia.
Nell’ora fatidica della battaglia, il grande eroe Arjuna, uno dei cinque Pandava, amico e discepolo di Krishna, improvvisamente, vedendo di fronte a sé l’esercito nemico guidato dai cento cugini Kaurava e nelle cui file, per il crudele gioco del destino, si trovavano anche vecchi maestri d’armi ed ex amici, preda di sentimenti contrastanti e confuso, perde ogni desiderio di combattere.
Sarà Sri Krishna a a illuminare la sua mente, innanzitutto sul suo dovere immediato, come principe ksatriya, di combattere l’oppressore senza esitazioni, poi, sul dovere in generale e sul Fine Ultimo dell’esistenza.
Come un Oceano Inesauribile, Sri Krishna svelerà ad Arjuna e all’intera umanità il segreto della perfetta Realizzazione dell’Infinito rivelando i vari sentieri che iniziano e scompaiono in Esso, Unica Realtà, assieme al Cercatore.
Addentrandoci nella Bhagavad Gita, la meraviglia, nello scoprire la vastità dell’inesauribile Insegnamento Divino, continua ad aumentare.

[…]
6. Arjuna parlò così, ma vedendo che il Signore non era compiaciuto si agitò e chiese:
“Dovremmo ucciderli o abbandonare il campo di battaglia?
Non sappiamo cos’è meglio per noi, che essi ci conquistino
o che noi conquistiamo loro.
7. Mi sento confuso, o Signore, non so più cos’è giusto né quale sia il mio dovere;
come quando prevale l’oscurità e persino le cose vicine sono invisibili.
8. Sono tuo discepolo, ti prego aiutami, poiché il maestro non abbandona mai il discepolo
che cerca il suo aiuto, così come l’oceano non rifiuta mai il fiume che lo cerca”.
9. E aggiunse: “Non combatterò”, diventando silente.
10. A questo appello, la Grazia del Signore delle anime (Govinda)
cominciò a inondare  il suo discepolo e amico;
Krishna decise il modo migliore per aiutarlo e con tono irato,
che nascondeva il suo affetto, come
un’amara medicina nasconde la sua virtù risanatrice, disse:
11. “Sono stupito quando pretendi di usare sagge parole, senza però abbandonare l’ignoranza.
Ti assumi la paternità dell’azione, come se tu fossi il Signore dell’Universo:
ritieni davvero di poter essere tu a decretare il destino degli esseri?
12. I veri saggi non si affliggono né per i morti né per i viventi.
La Vita che pervade tutti gli esseri è sempre esistita e come tale mai cesserà di esistere.
I vari corpi vanno e vengono secondo il decreto del Creatore, ma l’Anima,
la Vita che li pervade, eternamente rimane.
13. Il corpo attraversa vari cambiamenti, fanciullezza, maturità e vecchiaia,
ma il Sé, l’Anima, la Consapevolezza, rimane inalterata”.
[…]
dal “Capitolo II, lo Yoga della Discriminazione “

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