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Un autosabotatore: il silenzio

Un autosabotatore: il silenzio

Un autosabotatore purtroppo molto diffuso è il rifiuto di esprimersi, ripiegandosi sul silenzio a tutti i costi. Cosa perdiamo evitando di condividere con gli altri i nostri pensieri? Come possiamo riuscire ad aprirci?
Per avere il coraggio di esprimersi è necessario un clima di fiducia e soprattutto la sensazione (che si rivelerà fondata o meno) che chi ci ascolta ci riceverà e magari ci invierà addirittura una sua eco, ampliando così la nostra comprensione. L’espressione di sé può avvenire su diversi livelli: a livello delle idee, delle percezioni, dei sentimenti, delle emozioni, delle credenze o anche a livello di fatti, dell’immaginario o di risonanza. Questo permette una gamma di possibilità che verranno espresse o taciute secondo le circostanze, le persone presenti e le questioni consce o inconsce che si agitano in chi ha qualcosa da dire a proposito di se stesso o di un altro.
Il rifiuto di esprimersi e il ripiegarsi su di sé sono talvolta alimentati da un alibi che potremmo così enunciare: “A ogni modo, parlare non serve a niente”, o “Nessuno può capirmi!”, e ancora: “Ogni volta che ho voluto parlare, la cosa si è ritorta contro di me!”. Spesso una sorta di autocompiacimento accompagna questo rinchiudersi in un modo di considerare se stessi “incompresi e colmi di dignità”, rimuginando le proprie amarezze e insoddisfazioni relazionali.
Questo autosabotatore permette altresì di mantenere le distanze, di avvolgersi in una bolla protettiva di autocompiacimento, evitando pertanto di rimettersi in discussione. Non offro all’altro nessuna presa per permettergli di penetrare nel mio intimo. Così facendo, non corro nessun rischio di essere influenzato, ma al tempo stesso mi privo di tutto ciò che un cambiamento potrebbe offrirmi.

Idee per aprirsi un varco
Il silenzio non è sempre d’oro. Correre il rischio di formulare parole all’indirizzo degli altri può permettermi anche di capirli.

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